da "A scuola fra le macerie"
Trasparenze
Che la parola mite e la parola retta possano tiranneggiare
che un soldato israeliano intervistato anni
dopo la prima Intifada possa piangere davanti alla telecamera
per quanto obbedendo agli ordini ha compiuto, ha visto
compiere, non ha rifiutato
che un altro lasciando Beit Jala possa scarabocchiare
su un muro: Ci dispiace sinceramente per il casino che abbiamo fatto
è pura routine una parola che cancellerebbe un fatto
Che sia umano equiparare innocente e colpevole
Che ci aggrappiamo all’innocenza in ogni caso
è elementare Che le parole possano tradursi in ossa rotte
Che il potere di scagliare parole sia un’arma
Che il corpo possa essere un’arma
qualsiasi bambino in cortile lo sa Che al gioco di dire la parola preferita
tu abbia sempre risposto una cosa, una qualità, libertà o fiume
(mai un pronome mai Dio o Guerra)
è dato per scontato Che parola e corpo
siano l’unica posta che abbiamo da rischiare
Che le parole siano finestre in una capanna saccheggiata, lordata
dalle piogge sporche del tempo, potremmo discuterne
o che le parole siano chiare come vetro finché il sole colpisce accecante
Ma che in una finestra buia tu abbia visto il tuo volto
Che quando ti pulisci gli occhiali il testo diventi più chiaro
Che il rumore di bicchieri rotti arrivi al culmine delle nozze
Che io possa guardare attraverso una lente
nella casa del mio vicino
ma non nella vita del mio vicino
Che a volte si rompa il vetro per salvare vite
Che una parola possa essere schiacciata come un calice sotto i piedi
è solo ciò che appare, in parte domanda, in parte risposta:
come la vivi
Memorizza questo
1.
Amore da ventisei anni, non puoi smettere
Una petunia avvizzita è friabile il germoglio viscoso entrambi sono scuri
Il fiore inghiottito nel proprio viola Cosí comune, senza uguali
La vecchia stufa a legna finita alla discarica
Il sole si tuffa nel nuovo lucernario
Questa mattina banchi di nubi come d’autunno nel Massachusetts
Questo pomeriggio è vasto come il Mojave Desert
La notte fonde un corpo nell’altro
Una guida veloce l’altra traccia una rotta
Che creduta nuova diventa familiare
Da tredici anni addietro forse
Una olia i cardini l’altra affila i coltelli
Una perde un orecchino l’altra lo trova
Una dice preferisco fare l’amore
Che andare al festival greco
L’altra dice: anch’io.
2.
Arrotolo una ciocca dei tuoi capelli
alle dita la lascio cadere
sul cuscino la porto alle narici
respiro il tuo corpo intero
Dormire con te dopo
settimane di separazione com'è normale
eppure dopo mezzanotte
voltarmi e passare il braccio
lungo la tua coscia
rannicchiata nel sonno
che fragile meraviglia
da "Squilla un telefono nel labirinto"
Squilla un telefono nel labirinto
1.
Tu che puoi tacere in dodici lingue
cercando di ripiegare nella luce sbiadente
la mappa srotolata quella mattina se
tu nello specchietto retrovisore mi hai visto
risciacquare una ciotola di vetro verde
al sole notturno di mezza estate, diciamo, a Reykjavik
se in quel momento la mia mano è scivolata
e quella ciotola è andata in pezzi
e uno dei pezzi mi ha fissato come una luna gibbosa
se il suo riflesso convesso ti ha colto mentre camminavi
sulla banchina dell’autostrada infangata dopo il guasto dell’auto
se simili rifrazioni importano
2.
Bene, mi sono aggrappata penisola
al continente, arrampicatore
alla roccia
Sensuale penisola così attaccata accarezzata
dalle pensose, lunatiche mani delle maree
Scalatore nell’aria sottile
dal basso sembro un’alga o un lichene
mal radicato
un intrico di peli intrappolato in un cespuglio
Un cespuglio incendiato poi
consunto
Violenta litografia
lascito di combustione tracciato su un masso
3.
Immagine scaturisce da immagine
atlante da vagabondaggio
articolazione da ululato mammifero
estraneità da ripetizione
anche questa situazione predefinita
riesaminata un’altra poesia
un’altra Troia o Tiro o ruota in fiamme
bulbo oculare genitali strappati
culla carbonizzata
ma una diversa svolta utilizzando
questo tratto del labirinto
come laboratorio
sarei entrata, avrei cercato prima
ma quella matassa di filo quel gomitolo
che offriva una possibilità d’uscita non era un dono, no
4.
Ti ho trovato di proposito o
era tuo il proposito
o: eravamo attratti, traevamo
A metà di questa delicata
negoziazione squilla un telefono
(Non interromperti!... chiameranno di nuovo...)
Dietro le quinte la creatura leggendaria raschia e scalpita
respiriamo il suo odore pesante
non mi importa come, se muore questo non è il mito
Nessun es/interno: compresso
tra la mia gola
e la tua, ossigeno esilarante
E, per gli atti, ognuno ha firmato
con il suo vero nome nel registro
all’ingresso di questo albergo
5.
Avrei voluto dirlo
senza ricadere
nelle parole Non ho desiderato tanto
te quanto la tua vita,
il tuo trionfo Non per me
ma per un avanzamento il modo
in cui ti muoverai
all’orizzonte Tu, la persona, tu
la particella avanzante e fiera