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dalla sezione "lineamadre"

​

fin dal principio

 

noi eravamo insieme

imprescindibili

eppure in qualche modo

già sole, incomprensibili

 

l’una all’altra, fiaccole a precipizio

sul buio delle antiche senza insegne

pulsar di caldo insanguinato

l'una per l'altra

 

là vedevamo scorrere

codici indecifrati di noi

contrasto sullo schermo della luna

primitivo specchio d'argilla

 

concavo e convesso

di quella stessa forma

impantanate in un'aurora infetta

di passione, identità e di ferocia

 

eclissi di grano caldo e falciato

sotto la terra voglio rimanere

con occhi di terra voglio guardarti

berti voglio con i semi d'arancia

 

tra i denti e tra i corridoi degli orecchi

l'onda notturna che fu la tua voce

durante la notte più lunga

e dolce, e perduta, e paurosa

 

l'anima voglio berti sulla lingua

lettere illeggibili che tracciano

le tue dita sull'orlo del cuscino

stare qui e non essere morte

 

frantumare ogni singolo respiro

nel carso degli anni senza essere mai

fantasmi, essere piuttosto pianeti

in fuga per traiettorie segrete

 

in questo spazio di fragili stelle

rimani vicina a fuggirmi il freddo

cantami il canto dell'approdo

la dura mappa delle eredità

 

la norma che dice siamo le pietre

angolari di un vuoto senza trappole

al cui appoggio

il corpo rinsavisce, che ci dice

 

avremmo morte più definitiva

risolte tutte le nostre distanze

e ricuciti gli strappi delle unghie

non continuasse a trapassarci insieme

 

la linea, la lancia che scorre indietro

indefinitamente

a rintracciare il sangue ed i genomi

giù per vie di lotta irriducibile

 

la linea invece passerà di qui

la vedremo viaggiare non sorprese

la  aspetterò

avvolgersi su questo foglio

 

sul quale ora la luce acceca

a intermittenze

vitale, poroso come il tuo ventre

quando non rimarrà niente altro

 

la linea calerà

dalla parte dei gesti

ripetuti a perfezione senza che mai

si siano imparati

 

il modo di spazzolarti

i capelli, il collo gravato dalla tenerezza,

il ritmo con cui giri

il cucchiaino

 

liquida affonderà la linea

proiettile tra stazioni di età

con il fischio narcotico del sogno

forerà le mie labbra addormentate

 

sopra gli occhi più cari,

quella pace sarà la linea

che mi proseguirà oltre me,

che unisce nonostante tutto

 

madre

​

 

 

dalla sezione "la corda passata

attraverso di me"

​

sognando semi

 

però tu vieni presto

vieni vero come sei vero

come è vero che ti sto

sognando senza avere visto

di te più che un profilo

forte e fuggente in bianco e nero

annegare nel monitor

eppure è a colori che ti sto

 

sognando arcobaleno

arco-luce su terre ovali

di respiri legati

dal buio alle radici amare

perfetto elementare

vieni allora tu tutto vero

lo so tutto bambino

eppure è più strano che ti sto

 

sognando dentro al corpo

metà animale metà pioggia

di mani e di sorrisi

amniotici mentre ci porti

l'inizio della fresca

stagione stabile ti sogno

dentro a cerchi concentrici

di vita e mentre sogno intanto

 

alieno corazzato

tra le sue piume rugginose

l'uccello-re africano

ci veglia sul mobile accanto

e non pronuncia i nomi

dei demoni scuri che chiude

sconfitti ora nel fondo

ligneo enigma dell'occhio

dalla sezione "sul filo dell'arcangelo"

 

itinerari dell'amore coniugale

 

da lontano si dice                   l’amore  è solitaria

ascesi da vicino                       è allora una discesa

per gole strette d’aria            risucchiante camino

gomito sotto terra dove        ogni mancanza è spesa

 

 

non dico che ti conosco non

ti descrivo con verbi indicativi

dico vengo verso di te ti sento

venire verso di me

in questo spazio

che non si chiude

 

si colma

alla luce ardente del corridoio

andare avanti indietro

spogliarsi rivestirsi

sprofondare riemergere

al senso letterale di frasi come

come è andata oggi?

baci al volo rare intimità

fatiche insensate

occhi che calano

da soli

di fronte a ciò che è

infinito guardare

 

 

capisco fino in fondo              la parola preghiera

quando la mano accende      tra le pieghe del mondo

il fuoco sotto l’acqua              stessa ora di ogni sera            

ora di sera calda                      vortici oltre le tende

 

 

ti dico nei tuoi occhi

quello che vedo sono io

non giovane per sempre

piuttosto antica

costola in fiamme sul torace arcuato

di caverne

vena cava di sangue che diffonde

tra le radici e le foglie

un limo che conserva

tramonto sull’acqua rosata

di un fiume percorso

da bassi scafi rincasanti

antica potente

dispensa di passioni

braci regolate al minimo fino a quando

 

ti vedo sdraiarti

la porta della camera di fronte è chiusa

il bambino dorme

 

odori umani

sono chiusi fuori sul terrazzo

tutti gli altri

 

le mani diventano altre cose

che strumenti per prendere o per dare

raggi sonde scale

per precipitare

tazze di sete i fianchi

la lingua

si inonda si interiora

 

 

chi è vivo è esposto ai tagli              ai bilanci parziali

alle letture errate                               questo è poi il vantaggio

della casa lasciare                              finestre di passaggio

uscite laterali                                       la porta per rientrare

 

 

se persino tra noi a volte

le parole inciampano

appena scavalcati i denti

esplodono ai due lati della bocca

come museruole di vetro

schizzi di sangue sulle mani

gli occhi oltre le mani

fissati sull’asfalto

di vie che diluviano

circuitano nel niente

 

se persino tra noi a volte

il lume delle ciglia è obliquo

proietta più che altro ombre

dal vuoto settentrionale del vento

e nel cono d’ombra chi vede

e chi è visto è vinto

da uguale mala luce

 

se persino tra noi a volte

la spalla urta lo spigolo

le misure non corrispondono

solfeggio zoppo

respiri fuori tempo

 

dalla sponda del divano

si intravede il buco fondo

in cui continuamente crollano

le stagioni della disattenzione

rannicchio i piedi gelati sui cuscini

finché il buio sotto i piedi

si richiude

 

 

nell’acquario dei giorni            più limpidi nuotiamo

del plasma che conserva         i tessuti del sogno

ammettere il bisogno              di tutto incompiutezza

che solca la pienezza               oltre la fame che viviamo

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